Ultimamente la preoccupazione che a breve dimenticheremo come usare carta e penna è massima, soprattutto considerando certe notizie: stati che aboliscono l’insegnamento del corsivo, sempre più disgrafie e difficoltà di scrittura tra i bambini, generale incapacità ad esprimersi… situazioni che hanno portato ad una levata di scudi in difesa dello scrivere a mano. [1]
Appassionati di scrittura e anche grafologi contribuiscono, tra gli altri, alla condivisione e ricondivisione di notizie che riguardano la scrittura a mano e i suoi vantaggi: bella da vedere, importante per lo sviluppo cognitivo, utile per apprendere meglio. Bisogna però prestare attenzione a non farsi prendere dall’emotività del “corsivo è bello” per evitare di diffondere informazioni inesatte (come l’abolizione della scrittura a mano in Finlandia) o contrapporre in modo poco sensato la scrittura alla tecnologia. [2]
Non solo, in merito ai contenuti che viaggiano in rete c’è poi da fare un’altra considerazione. La maggior parte degli articoli e delle ricerche scientifiche che parlano dei benefici della scrittura a mano, infatti sono di origine straniera. Sono fonti in cui raramente si parla di manoscrittura quale espressione della personalità dello scrivente (grafologicamente). Queste fonti intendono la scrittura esclusivamente come:
- Strumento, la cui unica finalità è essere utile. Ad esempio utile ad apprendere con più facilità, ad organizzare meglio le informazioni e a ricordarle meglio, utile a contrastare l’invecchiamento cognitivo, etc.
- Forma d’arte, considerandone la dimensione estetica. In questo caso il riferimento è alla calligrafia, disciplina con una lunga tradizione che ultimamente sta conoscendo nuovi slanci.
Raramente (mai) si fa riferimento alla personalità espressa nella manoscrittura. L’unico criterio – valutato sia da chi è “pro” sia chi è “contro” la scrittura a mano – è quello dell’utilità: la manoscrittura è ok se permette di imparare meglio (o se permette più velocità, etc); non va bene se gli insegnanti non riescono a leggere i compiti.
La domanda da porsi a questo punto è questa: quando i grafologi pensano di essere accumunati ad altri “attori” dall’idea di salvare la scrittura a mano, stanno intendendo proprio la stessa scrittura?
No, sono solidali per assonanza, non nella sostanza. Tra chi difende e promuove la scrittura possiamo infatti trovare calligrafi (notoriamente muovono da presupposti diversi rispetto ai grafologi) o ricercatori di scienze cognitive (potenzialmente scettici sui criteri di scientificità della grafologia).
La riprova del fatto che non basta parlare di scrittura per intendere la stessa cosa ed essere d’accordo su cosa la scrittura sia, sono articoli paradossali come questo, in cui si travia completamente la natura di una grafia, argomentando che le scritture di David Cameron e JK Rowling non sono chiare (leggibili) e quindi sono deficitarie, poichè evidenziano il mancato raggiungimento di una skill (la leggibilità) che già un bambino di 7 anni dovrebbe padroneggiare. In grafologia questa si chiama personalizzazione, ed è esattamente il contrario di quello che si intende nell’articolo straniero citato. [3]
Appare quindi evidente che il tipico articolo “straniero” tradotto, condiviso e copiato&incollato a destra e a manca, viene in realtà scritto con in mente soli criteri efficientisti, tutt’altro che grafologici, sia nel caso di chi è “pro tablet” (più parole, più chiarezza) sia nel caso di chi è “pro scrittura” (maggiore ritenzione mnemonica).
Dei motivi che stanno a cuore ai grafologi per considerare la scrittura imprescindibile per la società e per l’individuo non c’è – praticamente – mai traccia. Considerare che si sta parlando della stessa cosa solo perchè l’oggetto è la scrittura è un errore logico grande come una casa.
Gli allarmi rientreranno e l’attenzione mediatica per il declino della scrittura terminerà. A quel punto si scoprirà se nel frattempo la grafologia avrà lavorato per il rigore scientifico… o per il “corsivo è bello”.
[1] Il dibattito si allinea perfettamente ad altre rivoluzioni culturali del passato, in cui la tecnologia in realtà non ha usurpato alcunchè, basti pensare, a titolo di esempio, ai timori che aveva causato l’invenzione della fotografia o del cinema. Con specifico riferimento alla scrittura tra l’altro, un interessante e catastrofico articolo sanciva il declino della scrittura già nel 1965!
[2] Come se tecnologia e scrittura si escludessero: i vantaggi delle nuove tecnologie non riguardano solo la praticità, ma possono aiutare a perseguire anche obiettivi più “nobili”, come lo studio della motricità nei bambini e lo studio delle malattie. Ciò permette non solo l’avanzamento della conoscenza ma può avere anche implicazioni concrete (es. una maggiore inclusione pedagogica iPad Versus Handwriting: Pilot Study Exploring the Writing Abilities of Students with Learning Disabilities)
[3] Un articolo del genere non sarebbe stato possibile in Italia dove da un lato non esistono tali curriculum di insegnamento della scrittura, ma soprattutto in cui la presenza di una consolidata cultura grafologica avrebbe sicuramente fatto presente che in realtà si tratta di buone scritture.