Tra chi si occupa di scrittura spesso una cosa data per assodata è che durante l’esecuzione il corsivo sia naturalmente più veloce dello stampatello minuscolo (che chiameremo script). Si argomenta questa posizione con il fatto che scrivendo in corsivo vengono evitate le molte alzate di penna che il modello script invece prevede (ogni lettera è staccata dall’altra). Da qui deriverebbe inoltre il nome: corsivo, che corre [1].
Ma è proprio così?
Robert Saudek, ad esempio, la pensa diversamente: nota che effettivamente tra i grafologi è diffusa l’idea che sia più veloce il corsivo ma – controintuitivamente – afferma che invece è più veloce lo script. Già che Saudek (Experiments in Handwriting) abbia una posizione del genere ci dovrebbe indurre a non dare così per scontata la maggior velocità del corsivo. L’argomentazione è da leggere sul testo, ma in sintesi è ricondotta a motivi di ordine cognitivo (facilitazione della memoria visuale) e neurofisiologico (maggiore presenza di movimenti flessivi) che lo script comporta.
L’argomento è interessante, ma il fatto è che anche Saudek non convince.
Se infatti ogni ipotesi va sperimentata, come è possibile paragonare le prestazioni di “due modelli calligrafici?”
Certamente non è possibile paragonare le velocità di corsivo e script provenienti da soggetti diversi (sembra ovvio ma meglio specificarlo) poichè ognuno di noi ha un suo ritmo e una sua velocità personale. Il soggetto A potrebbe scrivere in script più velocemente di B che adotta il corsivo. C potrebbe essere più veloce di D sia in corsivo che in script. E così via…
Il confronto dovrebbe essere allora intra-scrivente e ciò sarebbe possibile solo in soggetti con lo stesso livello di padronanza su entrambi i modelli, procedendo poi alla valutazione. Ma secondo quale modello precisamente? Con quali standard esecutivi? Mantenendo quale livello di leggibilità? Da misurare come? Ragionandoci, un simile esperimento appare piuttosto complicato da realizzare perchè, banalmente, ognuno di noi scrive più velocemente in un solo modo: quello che ha appreso e su cui si è allenato.
Confrontare in assoluto le velocità di corsivo e script è quindi più che altro una operazione di speculazione intellettuale: a senso è più veloce il corsivo perchè prevede meno interruzioni. Una disamina del problema però evidenzia che la questione non è proprio così banale (della tendenza in grafologia a ragionare per logica più che per evidenze si è già scritto).
Inoltre, se partiamo dal presupposto grafologico della scrittura come espressione di sè, è contraddittorio concepire l’idea che un modello calligrafico sia più o meno veloce in sè. Non esiste un modello più veloce in assoluto perchè ogni modello calligrafico vive solo attraverso le modalità individuali di chi scrive. Nell’incontro tra la morfologia del modello e la motricità personale si crea un equilibrio irripetibile che è l’unicità di ogni scrittura: esistono soggetti con impostazione calligrafica corsiva (diremmo che adottano il corsivo, giusto?) che frammentano tutte le lettere e soggetti con impostazione script in cui la spinta a legare crea collegamenti continui tra le lettere.
La maggiore velocità del corsivo (tra l’altro, quale corsivo? i modelli sono molteplici…) rispetto allo stampatello minuscolo appare una questione mal posta, che crea più che altro luoghi comuni.
[1] Treccani parlando di corsivo dice: In paleografia, detto di molte scritture, caratterizzate dal tratteggio celere e inclinato che spesso unisce le lettere vicine. Tuttavia in molte altre definizioni ciò che caratterizza il modello corsivo è l’inclinazione, non la coesione letterale.